HUMAN LANDSCAPES
Una selezione di opere di Carolina CUNEO, Pierluigi FRESIA e Patrick WILLOCQ
Il paesaggio come la risultante di un luogo che non è solo un’impronta geologica ma diventa biografica. Ovvero come il volto di un territorio è la forma segnata dalla vita che scorre, della traccia di chi lo ha vissuto e attraversato per rivelarne il senso. Una ricomposizione e interpretazione individuale di quei “paesaggi umani” fatti di storie inscritte nelle geografie, per scoprire significati ed intenzioni in cui l’essere umano può riconoscere se stesso.
Carolina Cuneo per la quale gli alberi e la natura sono da sempre fonte di ispirazione e di riferimento, inserisce quegli alberi in paesaggi e ambienti architettonici conosciuti e familiari quasi a volerci rivelare quello che questi stessi luoghi potrebbero essere o divenire. Tuttavia avvalendosi della tecnica di stampa lenticolare – materiale che viene usato in stampa per ottenere immagini che danno l’illusione della profondità, o che cambiano quando l’immagine viene osservata da diverse angolazioni visuali -, cerca forse di esporci ad una forma di utopia distorta, di illusione di progresso, di rappresentazione di una società immaginaria futura dove le condizioni sociali e ambientali, per rendere la vita una sfida non difficile e spaventosa, dovranno passare attraverso la tecnologia.
Osservare le opere di Pierluigi Fresia significa, come sempre, essere trasportati in quel preciso momento dove l’arte diventa pretesto per qualcosa che ci conduce altrove; là dove la mente incontra la luce, l’arte, un incredibile collegamento, un andirivieni fra la tecnica e l’anima, fra
il rigore e l’assoluta libertà. Le parole e immagini nelle opere, trascendono gli stessi linguaggi, i concetti espressi sono più ampi del loro significato naturale, sono luoghi, paesaggi della mente, punti di partenza verso qualcuno o qualcosa che ci conducono in altri spazi. Anche Luigi Ghirri narrava: “Nel momento in cui io scatto, mi trovo sulla soglia, sono sul punto di avvertire la possibilità di filtrare il mio mondo interno con l’esterno. Sono la soglia di qualcosa, la soglia per andare verso qualcosa.”
Nel progetto afro-futurista di Patrick Willocq intitolato “The Superwalés” – terza parte di SONGS OF THE WALÉS – le madri primipare Walé, vengono proiettate in un ipotetico futuro che le raffigura come super donne, super eroi, super mamme attraverso scenari e paesaggi fantastici. Ci viene chiesto di immaginare la comunità che emerge nel 2050, in un Congo (DRC) che ha ritrovato stabilità, benessere e pace duratura. Entriamo nell’immaginario dell’artista che fascia l’habitat delle Walé,di rosso, il loro colore della maternità, della vita, della regalità con nastri che fluttuano sugli alberi, capanne interamente ricoperte di teloni, strisce di seta sospese sull’acqua e interi sentieri della foresta equatoriale ricoperti di teli. La glorificazione non solo di queste giovani madri diventate matriarche e capaci di far crescere la loro comunità, ma anche di un percorso che porta ad un futuro migliore passando dal rispetto del paesaggio che le circonda.