LUCIANO D’INVERNO “… e vide una Ninfa bella come un diamante”

La VisionQuesT 4rosso è lieta di iniziare la nuova stagione espositiva 2025/2026 con la mostra di Luciano D’Inverno “…e vide una ninfa bella come un diamante” a cura di Ennery Taramelli.

La mostra si inserisce nel circuito GENOVA START 2025, nell’inaugurazione collettiva delle gallerie d’arte moderna e contemporanea di Genova: 27 gallerie, con oltre 50 artisti, pittura, scultura, fotografia e tutte le forme che ha assunto l’arte dal Novecento ai giorni nostri. GENOVA START festeggia quest’anno il suo ventennale proponendo una doppia notte bianca, venerdì 3 ottobre dalle 18:00 alle 24:00 e sabato 4 ottobre dalle 12:00 alle 22:00. Un percorso che come ogni anno si snoda attraverso il centro storico della città tra Carruggi e Palazzi Storici, permettendo di scoprire nuove tendenze e ammirare i capolavori di alcuni dei maestri dell’arte internazionale tra inaugurazioni, performance ed eventi multimediali.

L’ opera fotografica di Luciano D’Inverno quest’anno in mostra, esprime la caratteristica potenza del suo sguardo che supera ogni preconcetto o schema costituito dalla normale percezione visiva.

Legato alla sua terra in modo istintivo, passionale, e quasi, per sua stessa ammissione ossessivo, Luciano D’Inverno narra nelle sue fotografie di terre cariche di miti e leggende, che hanno ispirato artisti, scrittori e poeti nei secoli. Il territorio del Vesuvio e i Campi Flegrei; terre vulcaniche, infuocate e tormentate in perenne movimento.

Una ricerca che non è legata alle imponenti, storiche icone dei luoghi ma che vuole esplorare e percorrere tramite una fotografia di transizione crepuscolare, le sensazioni di chi abita, vive e ama queste terre.

Così come Susan Sontag narra nel suo romanzo L’Amante del Vulcano, elevando il Vesuvio al ruolo da uno dei protagonisti:

Sotto gli strati della storia, tutto parla d’amore. Secondo il folklore locale all’origine di molti luoghi napoletani c’è un’infelice storia d’amore. Un tempo quei posti erano uomini e donne che, a causa di un amore infelice o deluso, subirono una metamorfosi e diventarono ciò che oggi vediamo. Anche il vulcano. Vesuvio era una volta un giovane che vide una Ninfa bella come un diamante. Gli scalfì il cuore e l’anima: lui non riusciva a pensare ad altro. Col respiro sempre più ardente, le balzò addosso. La ninfa scottata dalle sue attenzioni, si precipitò in mare e diventò l’isola oggi chiamata Capri. A quella vista Vesuvio impazzì. S’ingigantì, i suoi respiri di fuoco si propagarono, a poco a poco diventò una montagna. E oggi, immobile come la sua amata, per sempre irraggiungibile, continua ad eruttare fuoco e fa tremare Napoli.
Come rimpiange la città indifesa che il giovane non abbia ottenuto ciò che desiderava! Capri giace nell’acqua, sotto gli occhi di Vesuvio, e la montagna brucia e brucia e brucia…”

Ennery Taramelli Curatrice della mostra, nel testo di accompagnamento scrive:

[… non è solo il Vesuvio che ha affascinato e continua ad affascinare l’autore.

Non bisogna dimenticare che tutto il territorio vesuviano è contraddistinto dal fenomeno del vulcanismo.

Phleg”, il fuoco lavico che arde nelle viscere del sottosuolo e che nel corso delle ere geologiche ha plasmato la superficie terrestre, è il nome che i Greci diedero al territorio campano tenendo desto nel nome dei Campi Flegrei il connubio di geografia fisica e geografia sacra; quel connubio che trova un’eco solenne nel nome di un luogo che appartiene anch’esso alla sfera del mito, quel lago d’Averno che Virgilio postulò che fosse l’accesso di Enea agli Inferi.

Ed è proprio la dimensione ctonia, terrifica e dunque sacra di questo territorio che Luciano d’Inverno ha scelto di fissare in immagini e visioni.

Con il titolo “Qui i piedi non si posano per terra”, i Campi Flegrei sono il tema di un lavoro pubblicato nel 2007, successivo a un primo lavoro del 2003 che si intitola Vesevo, dal nome che Leopardi diede al vulcano nella poesia La Ginestra.

A distanza di vent’anni l’autore è tornato a fotografare il Vesuvio e alcuni dei luoghi più suggestivi dei Campi Flegrei, da Capo Miseno alle isole di Capri e di Nisida, dal Rione Terra di Pozzuoli al lago d’Averno, al lago di Lucrino con la Casina costruita da Vanvitelli.

Ma questa volta i luoghi sono fotografati in una luce particolare, quando, cessati gli ultimi bagliori del sole al tramonto, la notte e la luna prendono il dominio sul mondo. Né si tratta di una scelta casuale poiché per l’autore non bisogna essere nati in questi luoghi per sapere che sull’instabile terra sismica non è concesso “poggiare i piedi a terra”:

una cosa è certa: da vivi poggiamo i piedi per terra. Ma in questi luoghi questa certezza scompare, la distanza tra i vivi e i morti è minima; è come legata a un movimento verticale. I morti sono presenti e le ombre dei vivi assumono un altro significato.”

Se è l’unione mistica di vita e di morte che il territorio campano destina ai suoi abitanti, questo vuol dire che per abitarvi bisogna abbandonare ogni certezza; bisogna abdicare a ogni presa e pretesa sul mistero della vita che si conferma come il grande mistero di Madre Natura. Scegliendo dunque di fotografare i luoghi nella luce del crepuscolo e della notte, ecco che l’autore abbandona le vesti del viaggiatore diurno per trasformarsi nel viandante notturno che va errando in uno spazio di interregno fra la notte e il giorno, fra tenebre e luce, fra morte e vita, ovvero fra il Tempo e la sospensione del Tempo.

Del resto è questa la magia del mirabile artificio chiamato fotografia, che nel trasformare la realtà in finzione la sospende in una lontananza spaziale e temporale che preme al limite del capovolgimento.  Ed è grazie a questa trasfigurazione che la realtà visibile diviene incommensurabile mistero da fissare tramite la messa fuoco dell’obiettivo che reca impresso sulla ghiera dei tempi il segno dell’Infinito.]

Ennery Taramelli Storica e Critica d’Arte, svolge attività di saggistica secondo una metodologia fenomenologica e ermeneutica.

INFORMAZIONI TECNICHE: 

– Stampe ai pigmenti Archival Fine Art , montate su Carton Plume Canson e cornice in legno – cm 70×90 – edizione di 6 esemplari + 1 p.a.

– Libro d’artista in formato cofanetto di 13 schede/stampe, cm 21 x 21

Luciano D’Inverno è nato ad Acerra (Napoli) nel 1967. Agli inizi degli anni Novanta si trasferisce a Napoli dove all’Accademia di Belle Arti si laurea in Scenografia. In quegli anni si specializza nella fotografia pubblicitaria per il settore gioielleria, iniziando a collaborare, fino ad oggi, con le più prestigiose testate, nazionali e internazionali e contemporaneamente si interessa alla fotografia di paesaggio e di ricerca, prestando particolare attenzione alla morfologia dei luoghi periferici e alla fenomenologia dello sguardo nella visione dello spazio. Nel 1993 inizia una intensa collaborazione con la storica e critica d’arte e della fotografia Ennery Taramelli da cui nasce nel 2003 la pubblicazione Vesevo (Edizioni IntraMoenia) e nel 2007 Campi Flegrei – Qui i piedi non si posano per terra (Edizioni IntraMoenia), con testi di Ennery Taramelli e Olga Scotto di Vettimo. Nello stesso anno il lavoro viene presentato al PAN (Palazzo Arti Napoli). Ha esposto in diverse personali e collettive, tra cui nel 2008 Vita Fantasma alla Fabbrica del Vapore di Milano; nel 2009 alla Galleria 24 di Napoli in una mostra insieme ad Araky, Yokosuka, Zaza espone il suo lavoro fotografico Viaggio in Europa, nel 2011 ad Alessandria partecipa alla Biennale di video-fotografia contemporanea nel 2019 alla Reggia di Caserta espone il lavoro fotografico Quattro Tempi, a cura di Gabriella Ibello (Edizioni Arte’m, Napoli). Nel 2022 etra i vincitori di Strategia Fotografia 2022, bando promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura per la valorizzazione della fotografia d’autore, con un progetto commissionato dalla Reggia di Caserta per il 250° anniversario della morte di Luigi Vanvitelli. Nasce la grade mostra VISIONI negli spazi della Gran Galleria della Reggia di Caserta per il 250° anniversario della morte di Luigi Vanvitelli ,(1 marzo – 13 ottobre 2024) con l’esposizione dei progetti Attraversamenti di Luciano D’Inverno e Genius et Loci – La drammaturgia dello sguardo di Luciano Romano. Con Attraversamenti, D’Inverno riscrive per immagini la storia di una visione che, con la sua potenza, rese possibile la grandiosa opera di architettura e ingegneria idraulica dell’Acquedotto Carolino, ripercorrendo con le sue foto i passi di Vanvitelli e seguendo la via dell’acqua.