Claudius Schulze
State of Nature

Opening: 14 sabato aprile 2018, dalle 18.00

Periodo: 17  aprile – 16 giugno 2018
Sede: VisionQuesT 4rosso contemporary photography, piazza Invrea 4r, 16123 Genova
telefono: +39 010 2464203, +39 335  6195394
Orario: dal martedi al sabato 15.00 – 19.00 e su appuntamento. Martedì 24 aprile la Galleria rimarrà chiusa.
Per informazioni: info@visionquest.it

Sarà presente l’artista.

VisionQuesT 4rosso e’ lieta di presentare la prima personale in Italia di Claudius Schulze “State of Nature”
La ricerca alla base di questo progetto si domanda in che misura le protezioni costruite dall’uomo contro le calamità naturali diventano parte integrante del paesaggio europeo.Claudius Schulze (classe 1984) ha percorso circa 50.000 km in Europa sul suo furgone con una piattaforma rialzante, capace di sollevare lui e il suo banco ottico 4×5”, fotografando quelli che sembravano essere meravigliosi e pittoreschi paesaggi, ampie vedute panoramiche di luoghi in cui la bellezza della natura è stata sapientemente progettata per resistere ai disastri.
In questa era di cambiamenti climatici e di innalzamento del livello dei mari, la cultura benestante europea ha impiegato infatti le migliori e più brillanti menti dell’ingegneria civile per produrre difese contro le catastrofi naturali, sforzandosi di creare vedute “pittoresche” che sono in realtà artificiali e come afferma il pittore inglese del XVIII secolo William Giplin, “il pittoresco è l’addomesticamento della natura in un parco paesaggistico. Il pittoresco riduce la natura al piacevole e consumabile. “In ognuna delle fotografie di Schulze c’è sempre qualcosa di non proprio perfetto: i panorami alpini sono attraversati dai paraneve, la costa del mare del Nord come altre spiagge sabbiose, sono solcate e protette da frangiflutti, pareti di dighe minacciose incombono sui giardini delle case, tunnel tagliano montagne come ferite, argini artificiali confinano fiumi e laghi di montagna, pale eoliche contrastano l’energia del vento trasformandola in elettricità.
Tutte queste difese e barriere diventano prerogative per ognuno di questi paesaggi: il sole brilla sulla superficie dei laghi di montagna solo perché è stato arginato artificialmente, le dune si ergono solo perché sono protette contro le mareggiate.

Come dice Oskar Piegsa nel suo saggio dedicato a questo progetto “Queste foto non si focalizzano sulla definizione del confine tra cultura e natura. Al contrario: ci mostrano molto chiaramente quanto le due sfere si uniscono l’una all’altra. Nel mondo attuale, l’antropocene del nostro pianeta, sta subendo infatti riscaldamenti, erosioni, deforestazioni, acidificazioni degli oceani, estinzioni e molto di più”.
Per adesso, possiamo ancora trarre benefici dal costante cambiamento climatico attraverso il nostro consumismo. Le calamità per le quali ci siamo attrezzati e che sono le conseguenze delle nostre azioni, sono sentite in gran parte altrove e non nel “Vecchio Continente”. Al momento possiamo ancora illuderci e vivere spensierati, credendo nella bellezza pittoresca della natura, mentre altrove il potere catastrofico della stessa colpisce più duramente di quanto non abbia mai fatto.

Le fotografie di Claudius Schulze sono un’indagine visiva su come queste protezioni contro i cambiamenti climatici, creati dall’uomo, sono diventati inseparabili dai paesaggi idilliaci cosi come li conosciamo adesso. Durante la storia dell’umanità non solo la natura è cambiata ma è anche cambiato il modo in cui la percepiamo. Questi paesaggi sono lo specchio di come siamo arrivati a vedere il mondo: bello, sicuro e senza preoccupazioni. Eppure abbiamo quasi dimenticato quanto il duro lavoro di geologi e ingegneri è fondamentale per mantenerlo cosi.
“La natura idilliaca”, afferma Schulze, “ è in realtà un prodotto di enti di protezione che lavorano duramente per mantenere l’ordine. Gli uominii hanno modellato il paesaggio del pianeta in modo così drammatico che i nostri strumenti di protezione sono diventati parte dell’ambiente, mescolandosi perfettamente nello scenario”

Veniamo sfidati a fermarci di fronte a queste fotografie e ad immergerci in esse, continuando le nostre vite coscientemente inconsapevoli di tutte le strutture “protettive” che ci circondano.
Proviamo ad immaginare il paesaggio senza di loro… ce la possiamo fare?